Mese: Giugno 2017

Le nuove regole RC Auto non faranno scendere le tariffe

Secondo i professionisti preposti al calcolo tariffario all’interno delle compagnie di assicurazione i recenti emendamenti al provvedimento finiranno col penalizzare gli automobilisti che oggi giustamente pagano di meno

Alcune norme contenute nel DDL Concorrenza, in discussione in questi giorni alla Camera, possono seriamente compromettere il rigoroso procedimento scientifico che porta alla determinazione delle tariffe RC Auto, delicata funzione alla quale gli attuari, in virtù delle loro specifiche competenze professionali, sono preposti all’interno delle compagnie di assicurazioni.Anche i recenti emendamenti al disegno di legge non hanno modificato il punto di vista degli attuari: i costi per gli assicurati non sono destinati a scendere e alcune categorie di automobilisti rischiano di essere ingiustamente penalizzate.

Come accade per il prezzo di qualsiasi bene o servizio, anche quello delle polizze RCA dovrebbe infatti essere calcolato a partire dai costi sottostanti, nell’ambito del rispetto delle regole stabilite dal libero mercato. Il DDL Concorrenza prevede invece delle norme destinate a modificare aprioristicamente i prezzi delle polizze, il cui effettivo impatto sulla riduzione dei costi (che nel ramo RCA sono costituiti essenzialmente dai risarcimenti a chi subisce danni da incidenti stradali) non è stato oggetto di alcuna valutazione; nel contempo, il DDL introduce ulteriori voci di costo (si pensi per esempio ai costi per la gestione delle scatole nere e per l’ispezione dei veicoli) senza prevederne un’adeguata copertura.

Dagli emendamenti tesi a favorire, secondo varie modalità, gli assicurati residenti nelle zone dove la sinistrosità è più elevata, e più in generale la mobilità degli assicurati tra le imprese, secondo gli attuari non c’è ragionevolmente da attendersi nessuna riduzione dei costi. I limiti imposti dal DDL alla libera determinazione delle tariffe (si pensi appunto alla residenza dell’assicurato e alla sua storia contrattuale, che oggi sono tra i fattori tariffari più rilevanti), non potranno comportare, in assenza di una riduzione dei costi, alcuna diminuzione del premio medio. Anzi, il divieto di valorizzare correttamente questi fattori di rischio, che oggi consentono un’adeguata differenziazione dei prezzi, tecnicamente del tutto giustificata perché basata su inequivocabili evidenze statistiche, comporterà invece soltanto un livellamento delle tariffe, con ingiustificati aggravi per gli assicurati che per meriti soggettivi (non aver causato sinistri) e/o oggettivi (residenza in zone a bassa sinistrosità) oggi a pieno diritto stanno pagando i premi più bassi.

La “tecnica” del calcolo tariffario non è un’alchimia finalizzata a promuovere improprie discriminazioni fra assicurati, ma un procedimento scientifico rigoroso condotto da professionisti specializzati – gli attuari – la cui funzione è definita dalle normative europee: proprio per tale motivo rappresenta una garanzia di correttezza ed equità erga omnes nel rispetto delle regole dettate dal mercato.

Giudici pace, lunedì 3 luglio comincia lo sciopero

Comincia lunedì 3 luglio lo sciopero di 3 settimane dei giudici di pace contro la riforma della magistratura onoraria e di pace che dovrebbe tornare a breve al Consiglio dei Ministri. “Il Ministro Andrea Orlando”, si legge in una nota delle organizzazioni di categoria (Angdp, Unagipa e Cgdp), “non ha ancora dato risposta alle manifeste criticità denunciate dalle associazioni di categoria e confermate dalle Commissioni parlamentari di Giustizia, Bilancio ed Affari Costituzionali che, pur avendo dato un parere apparentemente favorevole al provvedimento, non hanno potuto fare a meno di porre numerose condizioni alla sua approvazione, tanto da smantellarne l’intero impianto. Anche il Consiglio Superiore della Magistratura, nel proprio corposo parere di ben 52 pagine, facendo proprie le preoccupazioni manifestate da oltre 200 capi degli uffici giudiziari, ha smontato pezzo dopo pezzo l’intera riforma, sottolineando le negative conseguenze della stessa ed auspicando una legge ad hoc per la stabilizzazione della magistratura onoraria in servizio, così come aveva in precedenza suggerito anche il Consiglio di Stato”.

“La previsione dell’utilizzo della magistratura onoraria e di pace per non più di uno o due giorni alla settimana a parità di dotazioni organiche”, continua la nota, “con un irrisorio compenso da pensione sociale, porterà ad un allungamento considerevole della durata dei procedimenti civili e penali, e, cosa ancor più grave, affosserà un settore nevralgico della Giustizia di Pace qual è quello che si occupa di immigrazione clandestina, che in questi anni ha superato ogni livello di sostenibilità. La magistratura di pace è, infatti, impegnata sette giorni su sette su questo fronte, con procedimenti penali e di convalide delle espulsioni che non potranno più essere garantite in conseguenza della scellerata riforma”. “Dopo aver stanziato ben diciassette miliardi di euro per il salvataggio di istituti di credito”, conclude la nota dei sindacati dei giudici di pace, “non ci si può nascondere dietro l’‘alibi’ della mancanza di risorse per negare i diritti di cinquemila lavoratori che hanno tenuto in piedi l’intero sistema giudiziario, trattando negli ultimi 15 anni oltre il 60% del contenzioso civile e penale”.

Processo da rifare se la condanna in appello arriva dopo l’assoluzione senza risentire i testi

Se i giudici di appello ribaltano il verdetto di assoluzione stabilito in primo grado e condannano l’imputato senza aver sentito nuovamente i testi, centrali per la nuova decisione, è certa la violazione dell’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che assicura il diritto a un processo equo. A commetterla, questa volta, è stata l’Italia condannata ieri da Strasburgo per violazione dell’articolo 6 (ricorso n. 63446/13). La Corte europea, poi, non solo ha deciso un indennizzo alla parte lesa, vittima di un processo non equo, ma ha anche indicato come misura individuale la riapertura della procedura o l’avvio di un nuovo processo.

Equitalia deve stare in giudizio personalmente, non puo farsi assistere da un legale.

DA oggi equitalia deve stare in giudizio personalmente, e non come ha fatto sino ad oggi, ovvero costituirsi per il tramite di un procuratore speciale. In tale fattispecie equitalia non avrrebbe la necessaria legittimazione a stare in giudizio. Questo è quanto ha stabilito Comissione Tributaria Provinciale di Varese con la sentenza numero 310/2017.

Divorzio: niente assegno all’ex che guadagna più di mille euro

La sentenza emessa il 22 maggio 2017, ha stabilito che mille euro sono una quantità di denaro sufficiente ad assicurare la cosiddetta indipendenza economica, cioè le risorse utili a a garantire le spese essenziali. Spiega il giudice della IX Sezione del Tribunale di Milano, che l’indipendenza economica è “la capacità per una determinata persona, adulta e sana, di provvedere al proprio sostentamento, inteso come capacità di avere risorse per le spese essenziali.
Al di sopra di mille euro al mese non si ha diritto ad alcun assegno poiche autosufficienti.Nella rivoluzionaria sentenza numero 11504/2017 i giudici di legittimità hanno così ribadito che il pregresso tenore di vita matrimoniale non è più un presupposto per avere il mantenimento e/o assegno divorzile.Le nuove regole vanno applicate  anche alle cause di divorzio attualmente in corso.